Lettera al padre Gli otto quaderni in ottavo Franz Kafka

Una piccola stanza buia, una sola finestra, pile di fogli sul pavimento. Fuori un mondo
inafferrabile fatto di corpi che mutano, anime che urlano ingiustizie, paradossi. Non si può
comprendere una tale complessità senza aver prima scrutato cosa si cela dietro quei vetri
scuri.
Proprio in quella minuscola stanza, ai margini delle opere più memorabili dell’autore, si
nascondono i frammenti che compongono “Gli otto quaderni in ottavo”. Aforismi,
riflessioni intrise di intimità, considerazioni di carattere filosofico e mistico. Parti
incompiute di un’umanità complessa, di una mente errante consapevole che “la vera via
passa su una corda, che non è tesa in alto, ma rasoterra. Sembra fatta più per far
inciampare che per essere percorsa”.
Non si può afferrare l’intero universo dei personaggi di Kafka, senza aver prima rovistato
tra le carte sparse al suolo, nel buio di quella stanza. Tra queste la “Lettera al padre”, mai
consegnata al destinatario, testamento di un conflitto, il fulcro più intenso della raccolta, il
confine più labile tra il dolore e il distacco.
Una piccola stanza illuminata dal potere rinvigorente delle parole e dei pensieri, una sola
finestra che si spalanca dinanzi alla concretezza della memoria, pile di fogli sul pavimento a
ricordarci che “lo spirito diventa libero solo quando cessa di essere un sostegno”.