“Ogni colore era svanito dall’aria e il breve intervallo di crepuscolo fu di un grigio profondo, striato dal lucore giallastro dalla porta aperta della cucina, dove i marinai mangiavano a loro volta alla luce di una lampada.”
Fu stesso Francis Marion Crawford a descrivere questa scena nel suo famoso racconto “Perché il sangue è la vita”. Una lampada a olio illuminava la vita dal tramonto all’alba e lui, sulla terrazza della torre, cenava e raccontava al suo amico la leggenda di Cristina, un’anima in pena che vagava nei secoli senza trovare pace. Se avessero potuto accendere la luce, come di solito facciamo quotidianamente, avrebbero eliminato ogni dubbio creato dalla notte e dalla suggestione?
Avrebbe potuto ma forse era ancora troppo presto per poter vedere una lampadina all’interno di una costruzione così antica.
Le prima lampada ad arco risale al 1802 e da quel momento si ebbero diversi tentativi fino ad arrivare a quelle utilizzate oggi: lampada ad incandescenza, primo arco elettrico all’interno di un tubo, lampada fluorescente, ecc.
Il primo brevetto della lampadina elettrica è a opera di Henry Woodward ed è datato 1875. L’anno successivo si ebbe l’invenzione della candela Yablochkov, la prima lampada ad arco con elettrodi in carbonio che circa dieci anni dopo permise la diffusione dell’illuminazione elettrica in Francia e in Gran Bretagna. Un italiano, Alessandro Cruto, nel 1879 realizzò un filamento di carbonio immerso in un’atmosfera di etilene per lampadine a incandescenza garantendo una durata di 500 ore rispetto alle 40 raggiunte da quelli di Thomas Edison presentati solo sei mesi prima. Purtroppo, come spesso accade, Cruto non riuscì a brevettare l’invenzione su scala mondiale per mancanza di finanziatori. Fu Lewis Latimer, già dipendente della Edison Electric Light Company, a brevettare la lampadina elettrica nel 1882.
Si susseguirono altre tipologie di lampadine, oltre ai metodi di realizzazione per la produzione in serie, e l’illuminazione elettrica divenne accessibile a tutti. Forse, prima di morire, magari in uno dei suoi viaggi per la penisola italiana o durante un soggiorno nella patria d’origine, Crawford accese una lampadina e cominciò a scrivere uno dei suoi grandi e immortali romanzi, riflettendo anche su quanto di nuovo stava vivendo in quegli anni.