ombra mai più stefano redaelli

Schopenhauer disse che il genio e la follia vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri. “Mi nutro di parole. Vivrò in eterno” sussurra un personaggio del romanzo. Kurt Gödel, uno dei più influenti logici matematici, morì a causa della denutrizione in preda a una crescente instabilità mentale, come se si nutrisse di numeri e di infinito.

La salute psichica è da sempre un tema delicato e importante. “Ombra mai più” di Stefano Redaelli è un romanzo ispirato di realtà e di poesia, che infonde giustizia nell’abisso dell’alienazione. La fermezza e l’ombra di un platano che offre riparo e protezione al protagonista del romanzo sin da bambino, è l’antitesi dell’oscurità da cui egli esce, dopo essere stato un paziente ricoverato presso la struttura psichiatrica “Casa delle farfalle”. Il desiderio è pubblicare il romanzo di vita vissuta (rif. Beati gli Inquieti), di un’esperienza che ti segna e ti etichetta agli occhi di una società arida di contenuti e colma di pregiudizi. La riconquistata stabilità interiore in balia di circostanze caduche, di persone dissimili e di linguaggi diversi.

L’impazienza “di tornare a casa, nel mondo” per “vedere cosa è cambiato” nella vita reale e nelle sue percezioni. Vivere di concrete realtà non preclude l’osservare qualcosa oltre l’orizzonte visibile.

“Abituare gli occhi all’infinito è rischioso: si possono perdere le proporzioni e la vista” dice il protagonista mentre osserva il mare. Raccontare l’immenso che si possiede ma non si manifesta è pericoloso, è estraniante. Angelantonio si perde lì “dentro”, tra simili, e si ritrova fuori, tra estranei. Occorre un linguaggio comune, valori condivisi; simboliche robuste radici che crescono nell’indifferenza, che reclamano un interprete capace di vederle, di sentirle. Menti squilibrate o equilibriate, siamo persone incomplete, alla ricerca di qualcosa o qualcuno.

In tale contesto, nasce e cresce il seme della follia, nel “vivere sociale e artificioso” direbbe Kant. Nell’incompletezza del noto teorema, valida per un sistema matematico come per l’umanità intera. Folle è forse la meraviglia che si prova osservando una litografia di Escher o ascoltando un canone dall’Offerta Musicale di Bach. Sensata è forse l’accettazione delle forme neglette che l’esistenza quotidianamente ci offre. La follia vista come metafora della fragilità e della sensibilità umana, la cui cura è dare luce e speranza, laddove l’ombra è “il buio che esce dalle cose, dalle persone” e minaccia incessantemente di avvolgerle.