La strada Cormac McCarthy

Fa molto freddo. Il cielo è grigio e le ombre incombono. La pioggia incessante colpisce il suolo arido ricoperto di cenere e popolato da cadaveri. Le case sono ruderi. Il cibo scarseggia. Gli animali sono quasi del tutto scomparsi. Gli alberi spogli e secchi si lasciano cadere squarciando il silenzio con un tonfo e sbarrando la strada. A vagare solo sparuti gruppi di uomini lerci e vestiti di cenci, i sopravvissuti di un mondo post apocalittico. I buoni e i cattivi. I cattivi che soccombono alla disperazione e mangiano altri uomini, e i buoni, come un padre e un figlio che si dirigono verso il mare, alla ricerca di sole e vita, spingendo un carrello della spesa carico di pochi ma essenziali averi.

Ed essenziale è anche la prosa di McCarthy. Trama, nomi, luoghi, tutto è superfluo e, con uno stile scarno ma evocativo, rende reale ciò che reale non è, dà corpo al senso di vuoto e all’angoscia. Ogni parola ha il suo peso e le pagine diventano come macigni, pesanti da sfogliare. Il timore di scoprire cosa accadrà pervade il lettore. Gli occhi, a prima vista, vedranno solo un uomo e un bambino alla ricerca di cibo e in balia di uomini bestiali, cannibali, stupratori, predoni, vecchi stanchi e affamati in attesa della morte sul ciglio della strada, ma l’anima, alla fine, scorgerà una grande storia di amore, fede e speranza.

L’amore di un padre ormai disilluso che, con una pistola in mano ma soli due colpi in canna, vorrebbe proteggere dalla crudeltà di un mondo devastato e desolato suo figlio, portatore del bene e unica sua ragione di vita. Un uomo che tutto deve insegnare ad un bambino che niente sa del vecchio mondo. Un figlio incontaminato dal male e capace ancora di provare pietà e compassione.

Una vera e propria lotta alla sopravvivenza in un viaggio lungo una strada piena di insidie e pericoli ma unica via possibile per la salvezza; se la caverà solo chi porterà il “fuoco”.

“L’uomo gli prese la mano, ansimando. Devi andare avanti, disse. Io non ce la faccio a venire con te. Ma tu devi continuare. […] Voglio restare con te. Non puoi. Devi portare il fuoco. E dove sta? Io non lo so dove sta. Sì che lo sai. È dentro di te. Da sempre. Io lo vedo. […] Portami con te. Non posso. Non ce la faccio a tenere fra le braccia mio figlio morto. […] Tu sei il migliore fra i buoni.”

Ora, accomodati pure, ma tieni accanto a te una tisana rilassante, un barattolo di pesche sciroppate e una coperta, anche in piena estate. Potresti sentire freddo e fame da morire.